La voce delle mani. Maria Callas and the Italians
Le mani che parlano sono quelle di Maria Callas, straordinaria interprete che ha portato sul palcoscenico la forza di una magnifica voce e la profondità di interpretazioni indimenticabili.
Sono le mani degli italiani che aggiungono ricchezza e profondità di significato ad ogni conversazione e la rendono comprensibile anche a chi non conosce la nostra lingua.
Al primo piano, Cristina de Middel celebra l’eccezionale talento di Maria Callas con una mostra unica, creata appositamente per l’occasione.
In un certo senso, la storia di Maria Callas è la conferma di una certa visione archetipica delle donne che, si dice, credono nel vero amore e che sacrificano la propria carriera per il bene di esso. Si dice che si è lasciata morire quando la vita non valeva più la pena di essere vissuta. Il pubblico più vasto la ricorda perché è più facile riconoscersi nella sua sofferenza che riconoscere il suo eccezionale talento. Questo era ancor più il caso ai tempi di Maria Callas e soprattutto per quanto riguarda il talento di una donna.
Quando Maria Callas ha iniziato a elevarsi allo status di “Diva”, con una voce che si sarebbe distinta e avrebbe creato la leggenda che è diventata, è stato Luchino Visconti, regista di cinema e teatro, a plasmarla come attrice. Nelle sue parole: “Visconti mi ha fatto scoprire come bisogna recitare sul palco. Mi ha insegnato che meno mi muovo sul palco senza un vero motivo, più si riflette la mia vera personalità“.
Nelle performance minimaliste di Maria Callas, i gesti sono percepiti come un delicato rituale in cui le sue mani, al ritmo della musica, si esprimono con la stessa forza della sua voce.
Al secondo piano di Palazzo Callas, Richard Kalvar presenta la sua mostra incentrata sull’uso da parte degli italiani di una sorta di secondo linguaggio basato sulla gestualità. Ha iniziato questa serie quando ha visitato per la prima volta l’Italia all’inizio di agosto 1978 per fotografare il funerale di Papa Paolo VI e l’elezione del suo successore.
Mentre il suo taxi si fermava in Piazza di Spagna a Roma, capì subito di essere arrivato nel paradiso di un fotografo, che così descrive: “Ho capito di essere nella terra della perpetua interazione umana, espressa non solo con la voce ma con la bocca, le guance, gli occhi, le sopracciglia, la fronte, le mani (le mani!) – insomma tutto il corpo. L’interno visivamente esteriorizzato! Cosa può desiderare di più un fotografo? Così, quando sono tornato più volte ed entusiasticamente a fotografare la vita in Italia, mi sono ritrovato con molte immagini in cui i gesti erano essenziali. Non stavo cercando di catalogarli; semplicemente non potevo evitarli”
Fonte: Comune di Sirmione.